
26 giu 2024
«L'ex Ilva di Taranto non può restare aperta». La Corte di giustizia Ue: illegittime le autorizzazioni ambientali

26 giu 2024
«L'ex Ilva di Taranto non può restare aperta». La Corte di giustizia Ue: illegittime le autorizzazioni ambientali
Tre «no», a tutti e tre i quesiti posti dal Tribunale di Milano sull’interpretazione della normativa europea in materia di emissioni inquinanti di impianti industriali in relazione alle norme italiane. E’ quanto ha deciso la Corte di Giustizia europea in merito all’azione inibitoria collettiva contro l’ex Ilva di Taranto promossa da 10 cittadini aderenti all’associazione Genitori Tarantini e da un bambino di 11 anni affetto da una rara mutazione genetica. Se la produzione industriale pone rischi per la salute umana - è il tema della decisione -, l'attività deve essere sospesa. In questo senso, la nozione di "inquinamento" (ai sensi della direttiva relativa alle emissioni industriali) include non solo i danni all'ambiente, ma anche quelli alla salute umana. Gli stessi giudici ricordano che nel 2019 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha accertato come l'acciaieria provocasse significativi effetti dannosi sull'ambiente e sulla salute degli abitanti della zona. «La legislazione interna –ha scritto in sintesi la Corte di Lussemburgo - non può ritenere la valutazione del danno sanitario estranea al rilascio e al rinnovo dell’autorizzazione integrale ambientale che dev’essere estesa alla salvaguardia da tutte le sostanze nocive di cui si abbia di volta in volta notizia non solo da quelle tradizionali. La legislazione interna non può prorogare per tanto tempo l’applicazione della direttiva ambientale del 2010». «Quindi - ha aggiunto la Corte, come proprio monito -, ogni attività industriale che non segua queste regole va sospesa». I ricorrenti chiedevano nella loro azione innanzitutto la «cessazione delle attività dell’area a caldo» dell’ex Ilva, la «chiusura delle cokerie, l’interruzione dell’attività dell’area a caldo fino all’attuazione delle prescrizioni» dell’Aia e la «predisposizione di un piano industriale che preveda l’abbattimento delle emissioni di gas serra di almeno il 50%». Era stato il Tribunale delle imprese di Milano, nel settembre 2022, a sospendere la causa sull’inibitoria trasmettendo gli atti alla Corte del Lussemburgo. L’azione inibitoria è stata presentata dall’associazione Genitori Tarantini tramite gli avvocati Ascanio Amenduni e Maurizio Rizzo Striano, la Regione Puglia si è costituita in giudizio ad adiuvandum. (nella foto, gli avvocati Amenduni a dx e Rizzo Striano) Successivamente sono state raccolte le firme di oltre 136 cittadini (tra cui gli 11 dell’azione inibitoria) anche per una class action risarcitoria. Ora, sulla base della pronuncia di Lussemburgo, dovrà essere sempre il Tribunale di Milano ad assumere la decisione definitiva, ma nel dispositivo della Corte c'è già una fortissima critica con cui si boccia l'iter seguito negli ultimi anni: «Contrariamente a quanto sostenuto dall'Ilva e dal governo italiano - è scritto nel dispositivo -, il procedimento di riesame non può limitarsi a fissare valori limite per le sostanze inquinanti la cui emissione era prevedibile. Occorre tener conto anche delle emissioni effettivamente generate dall'installazione nel corso del suo esercizio e relative ad altre sostanze inquinanti» L’avvocato generale della Corte Ue Juliane Kokott nell’udienza del 14 dicembre scorso ha sostenuto che «in base alle direttive Ue, un impianto industriale non può essere autorizzato se causa eccessivi danni alla salute e solo in circostanze particolari è possibile un differimento delle misure per la riduzione dell’impatto ambientale». La Commissione Ue, in una memoria, aveva sostenuto che l’autorizzazione ambientale rilasciata allo stabilimento di Taranto è illegittima, perché non tiene conto di tutte le emissioni nocive del siderurgico e perché ha consentito il rinvio sine die degli interventi necessari per ridurre l’inquinamento. «Sono andati oltre le aspettative – è il commento dell’avvocato Amenduni, presente in aula alla lettura del dispositivo - fornendo una sentenza monito per tutte le situazioni analoghe. E’ stata scritta, anzi letta, una pagina di storia nella tutela dell’ambiente dalle emissioni industriali nocive stabilendo anche la prevalenza della salute sulle ragioni della produzione industriale. Questa sentenza avrà conseguenze rilevanti per tutti, la salute viene prima delle produzione industriale. Quindi la mancata applicazione delle direttive ambientali porta alla sospensione delle attività. Speriamo di aver dato un motivo di certezza alla popolazione tarantina, così a lungo sacrificata dalle esigenze della produzione».